giovedì 5 giugno 2014

Avena e dieta senza glutine




Viaggiando molto mi trovo a contatto sempre con realtà diverse. Fortunatamente il confronto che nasce porta un qualcosa di nuovo dentro e fuori. Ma una questione rimane sempre in sospeso per noi celiaci, l'avena. Nei paesi anglosassoni l'avena è parte della quotidianità: dal porridge per la colazione fino ai muffin salati. In Italia è poco consumata normalmente, non parliamo dei celiaci. C'è sempre una paura che l'avena faccia male, non sia adatta etc etc. Ma tutta questa confusione è creata anche da un caos internazionale.
Infatti l'AIC recita: “Per quanto riguarda l’avena, le evidenze sperimentali indicano che la stragrande maggioranza dei celiaci può tollerarla, tuttavia si preferisce precauzionalmente non includerla nella dieta priva di glutine soprattutto per il rischio di contaminazione”. Va comunque sottolineato che l’avena è un cereale dotato di proprietà nutrizionali molto valide con un apporto calorico, ad esempio, superiore a quello del mais e del riso e che fra l’altro è particolarmente ricca difibra, una componente sicuramente poco rappresentata nella dieta del celiaco. Una eventuale introduzione dell’avena a piccole dosi (max 50 g/die per l’adulto e 25 g/die per il bambino) potrebbe essere ammessa sotto controllo medico nei celiaci che sono già a dieta aglutinata stretta da tempo ed hanno pertanto già normalizzato lo stato della mucosa intestinale.
Coeliak UK dice: 


In Gran Bretagna (UK) "Coeliac UK" (equivalente dell'italiana Associazione Italiana Celiachia) in riferimento all'avena, pur ponendo qualche considerazione di attenzione, alla fine lascia l'avena pura in uso libero nella dieta del celiaco; viene semplicemente segnalato che l'avena pura e non contaminata può essere considerata libera su base individuale.  
Infine la società svedese: 
La società svedese segnala che l'avenina, per anni considerata da evitare, è realmente diversa dal glutine del frumento, e che i celiaci la possono mangiare senza paura. Non solo, l'avena viene suggerita per i suoi alti valori nutrizionali e per il suo basso costo commerciale.
L'unica avvertenza che si richiede è di chiedere comunque ad un celiaco il suo individuale gradimento quando gli si voglia offrire qualche preparazione che contenga avena. 

Alla fine le diversità tra le differenti strutture, che pure fanno capo ad una struttura internazionale comune, è un ulteriore segno della probabile comparsa di interessi non necessariamente legati alla sola presenza del glutine nell'alimento, ma forse alla sua distribuzione commerciale. 

In questo caso chi ha ragione? Chi sta pensando al bene del celiaco?
Ai posteri l'ardua sentenza. 



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